venerdì 24 ottobre 2014

La vera storia di Mamma Italia

Prodotti tipici e ricette tradizionali italiane vengono raccontati in un modo nuovo, con uno storytelling leggero e coinvolgente: Mamma Italia e le mamme in padella sono le mamme, zie, nonne di ognuno di noi, personaggi in cui tutti possiamo riconoscerci o in cui possiamo notare i tratti di qualcuno che ci è vicino, caratterizzati dalla passione per la cucina e da un grandissimo amore per la propria terra.

Dietro a questo bellissimo viaggio c'è un' idea, un progetto che vi invitiamo a scoprire...




domenica 28 settembre 2014

Cupcakes

Ingredienti per i cupcakes (circa 15)
-        195 g farina 00
-        160 g zucchero bianco
-        40 g zucchero a velo vanigliato
-        ½ cucchiaino di sale
-        2 cucchiaini di lievito
-        120 g di burro (a temperatura ambiente, tagliato a pezzettini)
-        1 uovo  e 2 tuorli (temperatura ambiente)
-        1 fialetta di estratto di vaniglia
-        80 g di yogurt greco (temperatura ambiente)
-        4 cucchiai di panna (temperatura ambiente)

Ingredienti per la muosse al cioccolato (topping)
-        220 g cioccolato fondente
-        50 g burro
-        6 cucchiai zucchero a velo
-        350 ml panna
-        2 albumi

PREPARAZIONE
Cupcakes
Per prima cosa, preriscaldate il forno a 170° ventilato.
Quindi, utilizzando il mixer, miscelate gli ingredienti secchi: farina, zucchero, zucchero a velo, lievito e sale. Aggiungete quindi progressivamente tutti gli ingredienti umidi: burro, uova e tuorli, estratto di vaniglia, yogurt greco e panna. Proseguite a miscelare fino a che l’impasto non sarà omogeneo e liscio, ma sodo.
Preparate una teglia per cupcakes con dei pirottini di carta forno e riemepite i pirottini con poco impasto: non devono superare la metà, cresceranno infatti in cottura.
Infornate per 20/25 minuti, ma non aprire il forno prima di metà cottura o interromperete il processo di lievitazione.
Togliete dal forno e lasciate raffreddare, dovranno infatti essere guarniti a temperatura ambiente.

Topping
In un pentolino versate la panna, il burro e lo zucchero e fate andare a fuoco lento per amalgamare il tutto. Quando sarà quasi ad ebolizzione, aggiungete il cioccolato, preventivamente spezzettato, e mescolate brevemente aiutandovi con un cucchiaio di legno. Spegnete quindi la fiamma e finite di amalgamare il cioccolato.
Mentre lasciate raffreddare il composto, montate a neve fermissima i due albumi. Non tutti sanno che per ottenere una neve fermissima è necessario che gli albumi siano a temperatura ambiente e il trucco e aggiungere un pizzico di sale.
Una volta che il composto al cioccolato si sarà raffreddato, incorporate delicatamente gli albumi.
Mettete quindi la crema in frigo a sodare per un paio d’ore.


Guarnite i vostri cupcakes con la mousse al cioccolato e decorateli come preferite, io in genere uso la granella di nocciole, ma sono bellissime anche le praline argentate o colorate. Questi dolcetti devono essere belli, quindi date libero sfogo alla fantasia.

mercoledì 24 settembre 2014

Sulla traccia del sapore: il gusto del Sud Italia

Il sapore è un elemento ineliminabile, come la luce del giorno e il calare della notte, scandisce le nostre giornate e talvolta ha il potere di rallegrarle. 
Tutto ha un sapore, guai non lo avesse, dalla brioche calda appena svegli, accompagnata da un buon caffè, al pranzo, magari riposto nel porta-schiscetta da lavoro, dalla cena allo spuntino. La vita sarebbe meno bella, senza sapore, e, di conseguenza, l’appetito e l’acquolina avrebbero un senso più ridotto e meno soggetto ad alte aspettative.

Oggi, dato che Mamme in padella percorre l’Italia e il suo grande patrimonio gastronomico, vogliamo parlare un po’ di Puglia, e in particolare di quella parte del tacco d’Italia che, con Finibus Terrae, ne è la punta: il Salento.

Un entroterra ricco e buono, dove gli odori sprigionati dalle cucine fan venire l’acquolina al punto che sedersi in tavola è l’unica opzione possibile per tenerla a freno. La carrellata di sapore che questa terra riserba, come la tanta parte d’Italia, è davvero sorprendente: dal rustico leccese, con pasta sfoglia, besciamella, mozzarella e pomodoro, da addentare così, caldo e anche per strada, al pasticciotto che, dei dolci leccesi, gode di una nomea tale che non serve introdurlo. Per chi non sapesse, però, è un dolce di pasta frolla con all’interno crema pasticcera.


Poi, passando per i piatti tipici da gustare comodamente seduti in tavola e dal cui voluttuoso sapore farsi abbracciare, eccone ua carrellata:  le buonerrime “orecchiette e minchiareddi” da gustare con sugo e formaggio ricotta grattugiato; “ciceri e tria” (ceci e pasta, ossia tagliatelle di acqua e farina, senza uova; dove tria sta per pasta fritta); “purea di fave” con cicorie selvatiche; la tajeddha, tegame, si tratta di un timballo con cozze e patate; “municeddhi”, le lumache di campagne (pietanza di origine messapica); “pezzetti di cavallo” al sugo; “purpu alla pignata”, polpo cotto nel tegame di terracotta; “turcinieddhi”, involtini realizzati con frattaglie di agnello, capretto o agnellone e arrostiti sulla brace; “scapece”, piatto a base di pesce, fritto prima e poi fatto marinare in molliche di pane inzuppate di aceto e zafferano.

Questo è solo un assaggio ma, di ogni posto, che si intende visitare o del quale si vuole riserbare un ricordo, il sapore (e ritorna ancora) è decisivo. Se passate per il Salento, fate che il gusto lasci il segno sul vostro palato, le papille ringrazieranno.




Ora, con l’idea che possiate portare in casa vostra un po’ di odori salentini, scegliamo per voi un piatto che potreste preparare: lu purpu alla pignata.

Cosa serve:
1 Polpo;  Pomodorini;  Prezzemolo; Sedano; Origano; Olio extravergine di oliva; Peperoncino; 1 Cipolla; 1 Spicchio di aglio; Sale; Rosmarino e alloro (facoltativi)

Preparazione
Lavate il polpo e tagliatelo a pezzetti, mettetelo nella pentola di terracotta (ma va bene anche una pentola normale purchè sia alta). Nella pentola, insieme al polpo, vanno anche tutti gli altri ingredienti: uno spicchio d’aglio, una cipolla tagliata piccola, prezzemolo, sedano, origano, peperoncino, sale, e in ultimo l’olio extravergine d’oliva (il rosmarino e l’alloro sono a piacere). Il polpo va cotto a fuoco lento. Non sarà necessario aggiungere ulteriore acqua, dato che il polpo mette fuori la sua stessa acqua, in questo modo si insaporirà con tutte le spezie. 
Il tempo di cottura è più o meno di un’ora ma assaggiando di tanto in tanto potrete constatare il livello di cottura. 
Secondo la tradizione di Puglia, è molto buono accompagnare il polpo con le patate. Potete mettere le patate, come tutte le altre spezie, direttamente nella pentola e farle cuocere con il resto, a fuoco lento.

lunedì 22 settembre 2014

Si ritorna a casa! (per ora...)

Bentornate, mie affezionatissime mamme e amiche in padella!
Dopo tanto viaggiare, in lungo e in largo, per le varie regioni del nostro stupendo stivale, così ricco di cultura, arte, storia, la cui cucina (tradizionale e non) l’ha reso famoso e rinomato nel mondo, ho deciso di fare una piccola pausa.
Ormai mi conoscete abbastanza bene, tanto da sapere che oltre ad essere una grandissima golosona sono anche un’appassionata viaggiatrice; ma anche i migliori nomadi, in certi momenti, devono arrestarsi e mettere, seppur temporanee, radici! Le ragioni di tutto ciò son presto dette.
Proprio qualche giorno fa, infatti, chiacchierando con una mamma in padella conosciuta di recente, mi son ritrovata a parlare della nostra gustosa ricetta delle “orecchiette alle cime di rapa”, in virtù del fatto che lei era da poco tornata dalle vacanze estive trascorse, per l’appunto, in Puglia.
Mi raccontava di aver gustato degli ottimi piatti tipici, così, incuriosita, stavo sondando il terreno in cerca di nuove chicche gastronomiche e possibili varianti con cui impreziosire e diversificare ancor di più il mio insaziabile ricettario…
Ad un certo punto della conversazione, alla mia domanda “le orecchiette che hai mangiato rispecchiavano la ricetta di mamma Lucrezia o erano differenti?” mi son sentita rispondere “a dire il vero non saprei, non conosco questo piatto”.
Chi mi conosce sa già quanto tale risposta mi abbia colpita. Ciò che mi son subito detta tra me e me, infatti, è stato “certe ricette tradizionali del nostro bel paese dovrebbero essere note a tutti”, perché le ritengo delle vere e proprie perle culinarie che dovrebbero deliziare e imbandire ogni tavola dello stivale, da nord a sud! Così, nel tragitto lungo casa, mentre sfogliavo il mio ricettario, la mia mente ha cominciato a vagare, da un fornello all’altro, desiderosa di trovare una soluzione per i piatti con cui mi sono letteralmente leccata i baffi lungo i miei divertentissimi viaggi e ho subito pensato “potrei fare una piccola pausa e rispolverare qualche ricetta tipica! Così le nuove amiche potranno dilettarsi nel prepararle e chi invece mi conosce già potrà riproporle”!!!
Ed infatti…Eccomi qui, pronta a fare un salto indietro insieme a voi!
Sebbene ogni ricetta meriti la giusta attenzione, ciò che farò non sarà riproporvi in toto quanto cucinato e gustato finora, bensì rivedere con voi le specialità che avete preferito di più tra quelle tipiche selezionate per ogni regione dove ho avuto la fortuna di villeggiare e armeggiare tra i fornelli!
Magari, così facendo, riusciremo a trovare insieme altre nuove allettanti varianti dei piatti o saprete suggerirmi qualche chicca in più da aggiungere alle ricette, così da rendere il mio ricettario ancora più unico e speciale…Proprio perché nato dalla collaborazione tra tutte noi mamme in padella!
Inoltre, per un’appassionata di cucina come me (e come voi), cucinare un piatto già conosciuto è come ascoltare una canzone legata ad un momento importante della mia vita: ogni nuova  melodia è un dono, ma quelle che mi han fatto sognare e viaggiare con la mente in passato son sempre lì, pronte per essere riascoltate e regalarmi nuovi sogni e nuovi viaggi. Vecchio e nuovo son due facce della stessa medaglia. Insieme si arricchiscono, si completano.
È per questo che, prima di continuare la mia pazza e inesauribile ricerca enogastronomica in giro per l’Italia, ho pensato fosse arrivato il momento di fermarmi un po’, giusto il tempo di rispolverare qualche piatto insieme a tutte voi.
Io già  non vedo l’ora di mettermi ai fornelli e inforcare il mestolo per cucinare qualche leccornia tipica, che voi amiche avete tanto gradito, e voi?!


La vostra mamma Italia.

sabato 20 settembre 2014

La ricetta dei fan: il Castagnaccio

Ben ritrovate amiche e mamme in padella!
Oggi voglio proporvi una variante della nostra Torta Paesana, avvalendomi del prezioso contributo della nostra amica in padella Simona Rossi, che mi ha suggerito la sua versione toscana, ovvero il “Castagnaccio”! Ovviamente anche questo delizioso suggerimento è già entrato a far parte del mio prezioso ricettario. Quindi non mi resta che ringraziare di cuore sia Simona, per il suo contributo, sia la pagina Amo la Cucina Italiana che ha gentilmente condiviso la nostra Torta Paesana!
Ora però, bando alle ciance e vediamo subito come preparare un ottimo Castagnaccio in perfetto stile e gusto toscano!

Ingredienti:
750 ml di acqua
500 gr farina di castagne
100 gr di noci
100 g di pinoli
1 manciata di aghi freschissimi di rosmarino
80 g di uvetta
6 cucchiai di olio extravergine di oliva

Ricetta: le fasi
Mettete l'uvetta a mollo in acqua tiepida per farla rinvenire e procedete poi setacciando la farina in una ciotola capiente per rimuovere eventuali grumi. Dopo aver aggiunto un generoso pizzico di sale, versate poco per volta nella farina di castagne l’acqua, mescolando il tutto con una frusta fino ad ottenere una pastella ben amalgamata e morbida .
Strizzate e asciugate l’uvetta per bene e aggiungetela all’impasto, assieme ai pinoli e alle noci tritate grossolanamente (tenete da parte un piccolo quantitativo di questi tre ingredienti che vi servirà per cospargere la superficie del castagnaccio prima di infornarlo). Ponete in una teglia bassa, del diametro di 40 cm circa, l'olio, quindi spennellatela per bene avendo cura di ricoprire tutta la superficie; versatevi poi l'impasto che dovrebbe arrivare a raggiungere un centimetro di altezza circa. Cospargete il castagnaccio con gli ingredienti messi da parte e con gli aghi di rosmarino freschissimi, poi versateci sopra altri due cucchiai di olio a filo. Infornate quindi il castagnaccio per 30 minuti a 200° fino a che si sarà formata una bella crosticina tutta crepata e la frutta secca abbia preso un bel colore dorato.

Ecco fatto! Son sicura che tutte voi apprezzerete questa deliziosa variante toscana con cui allietare i palati di grandi e piccini. Come sempre, vi raccomando di usare solo ingredienti di qualità, soprattutto per quanto riguarda la farina di castagne, elemento principale di questa ricetta, che già di suo dovrebbe essere dolce e dal gusto intenso (infatti avrete notato che non serve aggiungere zucchero all’impasto!), tanto che in Toscana si suole chiamarla “farina dolce”.
Ringrazio ancora Simona per il suo contributo e ovviamente sarò lieta di ricevere altri preziosissimi consigli e suggerimenti da tutte voi mamme e amiche in padella!

A presto, la vostra mamma Italia.

mercoledì 17 settembre 2014

Torta paesana (o paciarella)

Buongiorno a tutte amiche e mamme in padella!
Oggi mi trovo a Cassano d’Adda, zona di confine tra le provincie di Bergamo, Cremona e Milano, ospite della mia amica e mamma in padella Graziella.
Io e il mio ricettario siamo molto felici di trovarci qui, e il motivo è presto detto: Graziella non è solo un’ottima cuoca…Ma anche una golosona che si diletta a preparare dolci di ogni sorta!
Prima di venire a trovarla mi aveva già parlato di una torta che suole preparare per amici e parenti, che ovviamente, appena messo piede qui, è stata subito da me eletta come dolce lombardo perfetto per il mio ricco e pazzo ricettario, colmo di specialità regionali del nostro stivale.
Quella di cui sto parlando è la torta paesana, dolce tanto tipico quanto variegato, infatti ogni paese suole chiamarlo in modo diverso, ed anche le sue possibili preparazioni sono molto differenti tra loro, anche se di paesi vicini.
Ovviamente Graziella non vedeva l’ora di aiutarmi, ma prima di farmi cimentare con tale deliziosa ghiottoneria, mi ha raccontato l’antica storia che si lega a questa ricetta. Mi ha fatto accomodare e mi ha detto (testuali parole): «Il bello del nostro paese è proprio la tradizione che ci portiamo dentro e che rinnoviamo di generazione in generazione. La cucina è amore. È passione. È Famiglia. Per questo ci distinguiamo nel mondo. Ogni piatto ha una sua storia, ed ogni storia va conosciuta. Perché solo così facendo ogni gesto compiuto, anche il più semplice, avrà un valore. E ti assicuro, amica mia, che alla fine, quando tutto sarà pronto per essere servito in tavola, i sapori e gli odori di quella pietanza avranno un tocco magico. Speciale. Unico.». Come darle torto? È per questo motivo che, come prima cosa, voglio raccontarvi la storia della “torta paesana” (da queste parti detta “paciarella”); così come l’ha raccontata Graziella a me.
Ebbene amiche care, le origini della paciarella hanno radici profonde e lontane, che affondano nella notte dei tempi, quando la storia diventa leggenda…
“C’era una volta, tanto tempo fa, un uomo che si procacciava il cibo cacciando animali e poi nutrendosi della loro carne cruda. A causa di ciò, soffriva di verme solitario e non riusciva a ingrassare di un solo etto. Un giorno, un fulmine colpì proprio la casetta sull’albero che aveva costruito per suo figlio e, da quel giorno, imparò a controllare il fuoco e, da lì, cominciò a cuocere la carne prima di mangiarla. E finalmente cominciò a prender peso. Una bella e salutare pancetta era ormai spuntata dal suo ventre prima così scheletrico. Anche la tenia era scomparsa. E il mondo divenne un po’ migliore.
Era sempre a spasso per la foresta, ma un giorno inciampò in un ramo d’albero e cadendo si sbucciò il ginocchio. Pianse molto e a lungo, fino a non aver più lacrime da versare tanto che, quando queste finirono, si rimboccò le maniche e inventò una ruota. E il mondo divenne un po’ migliore.
Ma con una ruota sola, si sa, non si va da nessuna parte. Così decise di appenderla ad un ramo ed il figlio entusiasta non faceva che girarla, di continuo, girava e girava, tutto il giorno, tutti i giorni. Ma a furia di farla girare anche il padre cominciò ad essere irrequieto e infastidito da tutto ciò e, in poco tempo, a girare di continuo non fu più solo la ruota! Non salutava più i vicini, rispondeva male a sua moglie e sgridava di continuo il figlio. Così un bel giorno, sua moglie, nel tentativo di distrarlo e calmarlo, si mise in cucina e preparò una torta con quel poco che aveva in casa a sua disposizione, e cioè pane vecchio bagnato nel latte, a cui poi aggiunse, per dare un po’ di sapore in più, del cacao, un po’ di uvetta e di pinoli e per finire degli amaretti dolci. Dopo aver addentato un paio di fette il marito si calmò, ma durò poco, perché quella ruota continuava a girare, e girava e girava. Così per placare quell’animo ormai burbero e irrequieto, la moglie si rimise in cucina e preparò tanta di quella torta che ne avanzò un’immensa quantità, tanto da esser regalata a tutti gli abitanti del paese. Quella torta piacque tantissimo e tutti cominciarono a preparala a loro volta, e a sorridere, e a essere felici. Venne chiamata Torta Paesana…E il mondo divenne un po’ migliore.”.
Che ne dite amiche? Non è una simpatica leggenda popolare? Io l’ho trovata così affascinante che mi è subito venuta voglia di prepararla anch’io! E così ho fatto. Ora però tocca a voi quindi andiamo subito a vedere che ingredienti vi serviranno per questa goloseria.


Ingredienti (per una torta del diametro di circa 35 cm)
due litri di latte
400 gr. pane al latte
300 gr. amaretti dolci
200 gr. pane all'anice
100 gr. cacao amaro
150 gr. zucchero a velo
200 gr. uvetta
100 gr. cedro candito
40 gr.  pinoli
100 gr. zucchero vanigliato (per copertura)
un pizzico di sale.

N.b. Possono essere utilizzati anche i biscotti secchi e il cioccolato, a seconda dei vostri gusti, anche se la ricetta originale non li prevede (ogni variante è concessa e gradita, purché poi me la suggeriate!).


Ricetta: le fasi
Versate il latte in un contenitore capiente e in esso fate ammorbidire il pane all’anice, il pane al latte e gli amaretti dolci. Lasciate gli ingredienti così a mollo per un po’, finché il composto non sia morbido e lavorabile. A questo punto frullate il tutto e poi aggiungete il cacao, lo zucchero, l’uvetta, il cedro candito e i pinoli, ma non frullate più nulla, mi raccomando!
Prendete una teglia di circa 35 cm di diametro, imburratela, versate il composto e infornate a una temperatura molto bassa (circa 130/150 gradi al massimo) per un bel po’ di tempo.
Graziella mi spiegava che il tempo di cottura non è univoco, bensì dipenda dall’altezza che assumerà la torta. Per regolarvi, a intervalli, inserite uno stecchino di legno (quelli lunghi) per verificare che l’interno della torta sia cotto e non umido (appena questo uscirà pulito dopo averlo inserito, la torta sarà cotta pure dentro); ma state attenti a non farla cuocere troppo, altrimenti diventerà dura.
Infine, servite a tavola e gustatela con amici e parenti, questa torta è adatta a tutti, grandi e piccini!
Io ho dato un mio personalissimo tocco a questa ricetta, usando la Barretta di Cioccolato Fondente Golosi di Salute Luca Montersino, anziché il cacao amaro in polvere, perché oltre a preferire la cremosità del cacao sciolto durante la lavorazione di un impasto, poi posso intingere le dita nel fondo del pentolino (lo so, sono impaziente e un’inguaribile golosona, ma che posso farci?!).

Sono sicura che la semplicità di questa ricetta unita al suo intenso sapore e alla sua storia vi lascerà senza fiato. E per questo voglio ancora ringraziare Graziella che mi ha permesso di arricchire il mio ricettario con un altro, stupendo piatto tradizionale del nostro incantevole stivale.
Prima di salutarvi voglio darvi un ultimo, importantissimo, consiglio: non dimenticate mai di aggiungere a tutte le ricette, sia quelle già preparate sia quelle future, un ingrediente unico nel suo genere: l’amore! Solo così facendo il risultato sarà sempre assicurato.
Detto ciò, vi auguro una buona giornata amiche e amici.
A presto, la vostra affezionatissima mamma Italia.


martedì 16 settembre 2014

Polenta e funghi

Buongiorno amiche e mamme in padella!
Oggi mi trovo a Bergamo, ospite dalla mia cara amica Anna che mi ha già fatto fare un bel giretto e mostrato le bellezze architettoniche e naturalistiche. Per chi non lo sapesse, infatti, Bergamo si divide in due parti distinte: la “città alta” e la “città bassa”. La prima (oltre all’ovvia altitudine maggiore) è tra le poche città italiane il cui centro storico è ancora cinto da mura e il cui aspetto si è conservato nel corso dei secoli, mentre lo stile che si può ammirare in tutta la sua bellezza è quello medievale; inoltre qui possiamo trovare il Parco dei Colli di Bergamo, area protetta a livello regionale; dalla città alta è possibile raggiungere la città bassa in più modi: automobile, “scorlazzini” (ovvero scalinate dislocate in più punti) e anche la funicolare, mezzo scelto da me e Anna e dal quale ho potuto ammirare la splendida veduta sulla pianura, davvero mozzafiato!
La città bassa, invece, nacque successivamente alla parte alta, con la creazione di borghi che si svilupparono in corrispondenza delle maggiori vie di comunicazione che collegavano i colli alla zona pianeggiante, e nonostante questi siano stati oggetto di più recenti opere di urbanizzazione, mantengono tutt’oggi la loro antichità e le originali fattezze.
Ebbene mie care amiche tenetevi forte, perché anche la cucina tradizionale di queste zone è variegata e vanta mille e più prelibatezze. Infatti, se dovessi elencarvele tutte dovrei monopolizzare le vostre giornate…Partendo dai “casoncelli”, alle infinite varianti di squisiti formaggi delle valli bergamasche, tutti dal sapore unico e particolare.
Non potendo elencare tutto, oggi vi parlerò di quella che forse potremmo definire a gran voce la pietanza lombarda per antonomasia: la famosa polenta!
Tuttavia, definirla solo un “piatto tipico” sarebbe banale, nonché riduttivo: la polenta in queste zone è una vera e propria filosofia di vita, il cosiddetto “pane dei poveri” (perché usata per sfamare contadini e montanari e spesso unico loro sostegno alimentare), che per lunghi anni e infinite generazioni ha scatenato la fantasia delle nonne di tutti.
Le varianti della polenta, come già immaginerete, sono davvero tante: “taragna”, bianca, gialla; stessa cosa vale per gli alimenti usati per accompagnarla: formaggi, selvaggina, funghi e chi più ne ha più ne metta! Ce n’è davvero per tutti i gusti.
Io e Anna abbiamo deciso di arricchire il mio golosissimo ricettario con la ricetta della polenta e funghi, piatto ricco di sapore e adatto al palato di grandi e piccini.
Forza allora, scopriamo subito gli ingredienti che vi permetteranno di deliziare il palato!


Ingredienti

Per la polenta:
- Farina di mais per polenta
- Acqua
- Sale grosso
- Olio extravergine d'oliva

Per i funghi:
- 500 g di funghi porcini
- parmigiano reggiano grattuggiato
- 2 spicchi d'aglio
- prezzemolo q.b.


Ricetta: le fasi
Innanzitutto Anna mi spiegava che particolare attenzione va prestata alle dosi di acqua e farina da miscelare, perché tutto dipende dal risultato finale che si vorrà ottenere: se si preferisce una polenta soda le proporzioni da seguire sono di 1 lt. di acqua per ogni 300 grammi di farina; se la si preferisce media occorrerà meno farina e quindi 250 grammi; infine per una polenta più tenera basteranno 200 grammi di farina.
Il sale, invece, deve essere nella proporzione di 12 grammi per ogni litro di acqua. Tenete conto che con 500 grammi circa di polenta si ottiene un impasto sufficiente per 4-6 persone (a seconda che la si prepari come contorno o come piatto unico).
Ultima chicca che mi ha suggerito Anna (e che io ovviamente passo subito a voi) è di aggiungere un cucchiaio d'olio per renderla ancora più gustosa!
Ma passiamo subito alle fasi vere e proprie della ricetta.
Portate a ebollizione l'acqua che avrete salato, aggiungete un cucchiaio di olio extravergine d'oliva e la farina di mais, poco per volta, così da evitare la formazione di eventuali grumi.
Continuate a mescolare nella stessa direzione (mamma Anna è stata molto precisa in proposito, quindi fatelo anche voi) per circa 45 minuti.
Se vi rendete conto che il composto è troppo denso per i vostri gusti, aggiungete un po’ di acqua.
Fatto ciò, potrete dedicarvi ai profumatissimi funghi! Innanzitutto occorrerà lavarli molto bene, tagliarli e poi metterli in padella affinché possano dorare per bene, insieme a un po’ d’olio e agli spicchi d’aglio. Quando la cottura sarà quasi ultimata, togliete l’aglio dal soffritto e aggiungete il prezzemolo tritato finemente ed un pizzico di sale.
È giunto il momento di dar libero sfogo alla vostra creatività, mie care amiche. Poiché le modalità di presentazione del piatto dipendono sia dalla consistenza che avrete voluto dare alla polenta, sia dal vostro estro creativo. C’è chi preferisce lasciare la polenta al centro e tutto intorno il condimento, chi lo preferisce al centro, e così via! Avete carta bianca, care mamme!
Ultimo, ma doveroso, accorgimento è la qualità degli ingredienti usati. Essendo una farina particolare, posso consigliarvi quella da me usata, ovvero la farina per polenta Mulino Marino; qualora non doveste trovare dei funghi freschi da poter utilizzare, vi consiglio anche quest’ottima alternativa funghi porcini secchi Piemont Fungo.
Detto ciò non mi resta che augurarvi buon appetito e buona polenta a tutti!
A presto, la vostra mamma Italia.


        


lunedì 15 settembre 2014

Risotto alla milanese

Ben ritrovate mie affezionate mamme in padella!
Vi sono mancata almeno un po’? Voi si, moltissimo!
Indovinate dove mi trovo? Vi avevo già preannunciato che non mi sarei spostata di molto…Ebbene mie care amiche, oggi mi trovo nella grande e multietnica Milano (sapevate che vanta la maggior presenza di turisti in Italia?), capoluogo della Lombardia. Ad oggi è il principale mercato finanziario dello stivale, nonché capitale della moda e del disegno industriale e sede (alle sue porte) di uno dei poli della Fiera di Milano (eletto “maggiore polo fieristico d’Europa”).
Ad ospitarmi stavolta è la mia grande amica Laura, compagna di avventure in tante occasioni e momenti importanti della mia vita che, entusiasta del mio arrivo, mi ha subito portato in giro per la città! Ma tra passeggiate, foto ricordo, risate e ricordi…L’appetito è subito arrivato, così appena le ho chiesto cosa mi avrebbe fatto assaggiare di buono ma soprattutto di tradizionale, è bastato scambiarci uno sguardo e in coro abbiamo subito esclamato all’unisono: ”il risotto alla milanese!!!”.
Pertanto, oggi vi parlerò del più classico piatto della cucina lombarda, ma non per questo meno gustoso e ricco di storia: il riso allo zafferano.
Secondo la leggenda che mi ha raccontato Laura, tale pietanza è una delle poche che può vantare una data di nascita ben precisa: l’8 settembre 1574. Si narra, infatti, che tale data fosse quella delle nozze della figlia di un mastro vetraio belga, tale Valerio di Fiandra, che durante i festeggiamenti, sul tavolo da pranzo, si ritrovò servito un piatto di riso colorato con dello zafferano. Tutto ciò poteva essere l’opera, non si sa ancora se per scherzo o per altro, della squadra di vetrai belgi al seguito di mastro Valerio che, come noto, soleva aggiungere proprio dello zafferano ai vari colori usati per lavoro, per via dei particolari effetti cromatici che quest’ultimo permetteva di realizzare.
In ogni caso, il riso così preparato alle nozze piacque a tutti, sia per il bel colore giallo della pietanza, sia per il suo sapore, così particolare e deciso. Va inoltre detto che quella fu l’epoca in cui tale colore, in particolar modo il color oro, aveva un’importanza farmacologica, tanto che della polvere d’oro veniva spesso aggiunta ai cibi e ancora più spesso venivano utilizzati il tuorlo d’uovo, lo zafferano e particolari tecniche di panatura proprio per donare quel caldo colore giallo ai cibi.
Da quel momento in poi, quindi, un nuovo modo di preparare il riso si diffuse rapidamente in tutta la città. Non lo trovate anche voi un racconto affascinante, care amiche?
Come avrete intuito, quello di cui vi sto parlando oggi è un piatto antichissimo, di grande valore intrinseco e molto semplice da preparare. Ma passiamo ora agli ingredienti.

Ingredienti per 4 persone:
• 400 g di riso Carnaroli
• 1/2 cipolla bianca
• un bicchiere di vino bianco fermo
• 2 buste di zafferano
• olio extra vergine di oliva
• 240g di burro
• grana padano (grattugiato)
• circa 1lt e ½ di brodo (preferibilmente di carne)

La ricetta: le fasi.
Per prima cosa preparate del brodo. Laura mi spiegava che il segreto di un buon risotto è proprio il brodo che farà da base per la cottura che, pertanto, dev’essere ricco, dall’aroma intenso e sapore deciso. Quello più indicato è il brodo di carne, semplicissimo da preparare perché vi basterà far cuocere in abbondante acqua salata un bel pezzo di carne da bollito a cui, se possibile, lascerete l’osso (se presente) che darà ancora più sapore al brodo, senza dimenticare di aggiungere anche delle verdure miste, come patate, sedano, carote, cipolla e pomodoro. Potete inoltre diluire lo zafferano in polvere direttamente nel brodo (o posticiparne l’aggiunta quando tutto il brodo sarà stato aggiunto al riso in padella e dovrete solo completarne la cottura).
Appena il brodo sarà pronto, potrete procedere con la preparazione del risotto.
Innanzitutto fate soffriggere in una padella abbastanza capiente dell’olio, poco burro e la cipolla che avrete precedentemente tritato a piccoli pezzi. Quando la cipolla sarà ben dorata aggiungete il riso (qualità Carnaroli, perché ha i chicchi più grandi che tengono bene la cottura), fate amalgamare il tutto e sfumate con del vino bianco. Mi raccomando amiche: state bene attente a non fare attaccare il riso al fondo della padella in questa fase! A questo punto aggiungete il brodo (tenuto sempre caldo nella sua pentola) poco per volta, lasciano assorbire e mescolando di volta in volta con cura. Continuate la cottura per circa 15 minuti e, a fuoco spento, mantecate con del burro freddo (che darà al risotto la giusta cremosità) e grana padano grattugiato.
Laura mi suggeriva inoltre, di servire aggiungendo nel piatto del midollo o della gremolada (condimento che si compone di un trito di prezzemolo, aglio e scorza di limone grattugiata).
Anche questa volta vi consiglio di usare solo prodotti freschi e genuini. Io per questa ricetta ho comprato delle verdure e della carne fresca e poiché ci tengo particolarmente alla qualità dei miei ingredienti, mi son procurata il Riso Carnaroli Acquerello Rondolino, più ricco di proteine, minerali e vitamine rispetto agli altri risi bianchi, e lo zafferano Il Mercante di Spezie, per la sua inconfutabile qualità.
Mie care amiche e mamme in padella, sappiate che il detto “il riso fa buon sangue” non è solo un proverbio, ma un consiglio da seguire, in virtù delle tante qualità nutrizionali che tale alimento conferisce al nostro organismo contribuendo al nostro benessere. Quindi che state aspettando? Correte subito in cucina e mettetevi ai fornelli, forza!
Non mi resta che augurarvi buon pranzo e buona scorpacciata.
La vostra mamma Italia.


venerdì 12 settembre 2014

L'aperitivo di Mamma Italia @Piemonte

Ben ritrovate amiche e mamme in padella!
La mia tappa piemontese si arricchisce ogni giorno con nuovi splendidi luoghi da visitare e piatti da preparare, gustare e poi consigliare a tutte voi.
Grazie alle mie amiche e mamme in padella Monica, Alba e Franca il mio ricettario si è impreziosito con ricette tanto tradizionali quanto attuali per bontà e ingredienti.
Anche questa volta non posso non consigliarvi di visitare i luoghi del Piemonte, così ricchi di storia e fascino: primo fra tutti la splendida Torino e la sua Mole Antonelliana, simbolo della città, il cui ascensore a vetri (per arrivare sin sulla vetta della Mole) mi ha regalato un panorama a dir poco mozzafiato! Al suo interno è presente il Museo del Cinema, un museo interattivo molto coinvolgente e divertente, adatto a grandi e piccini, da non perdere insomma! Per non parlare del museo Egizio, sempre a Torino, tappa imprescindibile di una qualsivoglia gita in questa città.
Uscendo da Torino, in direzione della Val di Susa, si trova il monte Civrari la cui massa è costituita da bellissimi itinerari da percorrere e dove poter ammirare l’incantevole scenario dei monti innevati, tra cui il M. Viso e il M. Rosa. Inoltre, tra i suoi fianchi aridi cosparsi di sentieri in mezzo al verde potrete ammirare le casette dove un tempo i pastori si ritiravano con il loro gregge, davvero suggestivo, ve lo assicuro.
Ma non è tutto qui…Se fate un giro da queste parti vi consiglio di visitare anche la pittoresca città di Alba, ricca di feste e fiere, quasi tutte legate all’enogastronomia, dalla manifestazione che si tiene in primavera dedicata al vino a quella autunnale dedicata al tartufo (per chi non lo sapesse, la fiera del tartufo bianco, che si tiene ad ottobre, prima nata come collaterale a quella della vendemmia ha oggi assunto portata nazionale), come anche la giostra delle cento torri e il palio degli asini, sempre ad Alba, con cui tale cittadina mette in risalto l’antico fascino medievale e riporta in auge la più antica e tradizionale cultura contadina; per non parlare dell’Alba Music Festival, che dal 2004 diverte i suoi concittadini e non solo con più di 50 concerti con orchestre, seminari, workshop e tanto altro.
In realtà le città e le bellezze architettoniche da vedere sarebbero davvero tante: le residenze reali (sto pensando al Palazzo Reale, Palazzo Madama, Villa della Regina) e tanto altro ancora.
Sono sicura che state già progettando una bella gita in pieno stile piemontese dopo quanto detto, non è vero amiche? O, magari, siete già state qui e potrete quindi suggerirmi voi qualche luogo da visitare. D’altronde, siete sempre state pronte a darmi ottimi consigli di ogni tipo ed io li accetto sempre volentieri.
In ogni caso, ricordatevi sempre di ritagliare del tempo, tra una gita e l’altra, per mettervi in cucina e dilettarvi a preparare le leccornie tipiche di queste zone di cui abbiamo parlato in questi giorni.
Per darvi qualche dritta in più vi consiglio anche due vini che le mie amiche mi hanno fatto assaggiare e che son già stati inseriti nel mio prezioso e ricco ricettario per accompagnare i piatti:
-        Il Moscato d’Asti, Cascina Fonda, che è un delicato e fragrante moscato proveniente dai vigneti della Langa astigiana, ottimo per accompagnare i dolci (e quindi il tipico Bonet piemontese con cui ci siamo già leccate i baffi).


-   Il Dolcetto d’Alba “Nirane”, Cantine Ascheri, dal sapore suadente e bevibile, anch’esso ottimo se accompagnato ad un dolce.


Bene amiche, amici e mamme in padella, il mio viaggio lungo lo stivale non è ancora volto al termine; nuove ricette e nuovi posti incantevoli aspettano di essere scoperti e non vedo l’ora di potervene parlare, quindi, restate in contatto, mi raccomando!
Adesso purtroppo devo salutarvi ma non prima di avervi augurato un ottimo weekend.
A presto, la vostra mamma Italia.

mercoledì 10 settembre 2014

Bonet

Buongiorno mie carissime amiche e mamme in padella.
Oggi mi trovo ad Alba, nota come la “città delle cento torri” dove, passeggiando tra le vie del centro storico, è possibile ammirarne i diversi stili architettonici che spaziano dal medioevo al liberty, soprattutto nella via detta maestra (Via Vittorio Emanuele). Ad ospitarmi in questa pittoresca cittadina è la mia grande amica Monica, che appena saputo del mio arrivo si è subito premurata di farmi fare una visita del luogo ma ancor di più attrezzare la sua cucina in vista della dolcissima ricetta da svelarmi (e svelarvi).
Il dolce che vi propongo oggi è il Bonet, dolce al cucchiaio a base di cacao e amaretti, che in piemontese significa “cappello” per via degli stampi in cui viene cotto, “bonèt ëd cusin-a”, rigorosamente in rame, che ricordano il cappello da cuoco. Questo tradizionalissimo budino piemontese trova i suoi natali proprio qui nelle Langhe, ed è per questo che Monica non vedeva l’ora di farmelo assaggiare ma soprattutto di arricchire il mio ricettario con questa tipica leccornia, consapevole della mia passione per i dolci.


Ingredienti:

500 ml di Latte Intero
5 Uova
150 g di Zucchero
60 g di Amaretti (circa 8) più q.b. per decorare
30 g di Cacao Amaro
1 bicchierino di Rhum Scuro (o di caffè)


Ricetta: le fasi

Preriscaldate il forno in modalità statica a 170°.
Ricoprite il fondo di un “bonèt ëd cusin-a” (ovvero lo stampo) di zucchero e mettetelo sul fuoco finché non sarà fuso e caramellato; quindi, ruotando lo stampo, fate colare parte del caramello anche sui bordi. Lasciate raffreddare mentre preparate il budino.
Versate il latte in un pentolino e fatelo intiepidire, stando attenti a non portarlo ad ebollizione. Montate le uova con lo zucchero e il cacao sbattendo con le fruste sino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungete quindi gli amaretti sbriciolati e incorporate il latte e il rhum.
Monica mi suggeriva di apportare una piccola variante al composto qualora a gustarlo vi fossero anche i più piccini, ovvero sostituire il rhum con del caffè, che in piccole dosi può essere assunto anche dai nostri piccoli degustatori!
Versate il composto nello stampo e fate cuocere a bagno maria in forno per 55 minuti. Lasciate raffreddare almeno un paio d’ore e sfornate. Potete decorarlo con granella di amaretti.
Anche in questo caso, per la decorazione, potete dar sfogo alla vostra creatività e ai vostri gusti. Nel mio caso, ad esempio, ho sostituito gli amaretti con dei croccanti alla nocciola, sia per la parte da sbriciolare e unire al composto, sia per la granella da creare come decorazione da spolverare sopra il dolce, perché ai piccoli cuochi di casa non sempre è gradito il gusto degli amaretti.
Nella fattispecie (se dovesse tentarvi la mia variante) ho usato i Croccantini di Nocciola Camporelli, ottimi e dal sapore intenso grazie alla nocciola “Tonda Gentile” del Piemonte.
Insomma mie care amiche e amici, la verità è che in certi casi potete dare libero sfogo alle vostre idee, apportando varianti e soprattutto suggerendomi il tutto, perché il mio ricettario è ben disposto ad arricchirsi di ogni chicca di voi mamme in padella!
Che ne dite, allora, di provare subito a cucinare questa leccornia della tradizione piemontese?
Forza mamme: in alto i mestoli e tutti in cucina!
Io sarò ancora qui in Piemonte per qualche giorno quindi…Restate in contatto.

A presto, la vostra mamma Italia.

martedì 9 settembre 2014

Brasato al barolo

Buondì amiche e mamme in padella!
Sebbene il mio tour piemontese sia appena cominciato sono già entusiasta di quanto finora assaggiato e visto. Mi è dispiaciuto aver dovuto salutare mamma Alba così presto ma non potevo non andare a trovare un’altra grande amica , anch’essa qui in Piemonte, nonché cuoca e mamma in padella come noi: Franca. Infatti sono ospite da lei, nella sua splendida casetta immersa nel verde a Barolo, in provincia di Cuneo.
Qualcuno di voi sa per cosa è famosa questa città? È facile amiche…Il nome stesso di questo luogo ne è l’emblema: il Barolo, un grande vino da assaporare e di cui innamorarsi, proprio come è successo a me. Anche la città ha il suo immenso fascino, credetemi! Si potrebbe definire una vera e propria oasi di pace, grazie al suo verdeggiante altipiano protetto dai morbidi rilievi circostanti. Qui ci si può veramente rilassare lontani dal caos e dal trambusto della città.
In realtà, da quando sono arrivata a casa di Franca, non ho potuto oziare in beata stasi perché appena varcata la soglia della sua cucina mi ha subito messa all’opera per preparare insieme a lei la ricetta che oggi voglio consigliarvi: il Brasato al Barolo!
Mi raccomando amiche, questo è un piatto tanto buono quanto elaborato, infatti Franca non ha fatto altro che premurarsi affinché io seguissi alla lettera le sue istruzioni così da cucinarlo a regola d’arte. Tanta premura dipende sia dalla sua puntigliosa abilità di cuoca, sia dal valore affettivo che tale ricetta ha per lei. Dovete infatti sapere che la ricetta che mi accingo a spiegarvi si tramanda nella famiglia di  Franca da ben cinque generazioni ed è frutto di intense ricerche: un suo avo, da quanto mi raccontava Franca, molto tempo fa si trovò occupato per lavoro in un acquedotto in alta montagna e durante quei lunghi mesi di isolamento invernale si dedicò alla scrupolosa e meticolosissima ricerca della ricetta originale del rinomato brasato al Barolo, come tradizione insegna. Dopo tante ricerche, arrivò alla ricetta che ora condividerò con voi quindi…Un bell’applauso alla mia amica Franca che ha deciso di svelare a me e a voi questa prelibatezza che andrà ad arricchire ulteriormente il mio ricettario. Forza allora, scopriamo che ingredienti occorre procurarsi!

Ingredienti:

1 kg Codone di bue (preferibilmente fassone piemontese)
¾ di bottiglia di Barolo Pajana DOCG
1 Scatola di pelati
1 spicchio di Aglio
2 Carote
2 gambi di Sedano
1 Cipolla
Odori: Salvia, Alloro, Rosmarino, Maggiorana
1 chiodo di garofano
4 bacche di ginepro
Una decina di bacche di coriandolo
½ stecca di cannella
5 cucchiai di Olio
50g Burro
Sale e pepe


Ricetta: le fasi

Fate bene attenzione perché ogni fase di questa ricetta va osservata scrupolosamente! La prima, in particolar modo, prevede che alcuni ingredienti stiano a macerare per delle ore. Quindi se volete preparare questo piatto per pranzo, dovrete dedicarvi a questo primo step la sera prima o, se per cena, la mattina. Prima fase: in una terrina ben capiente disponete la carne asciugata dagli eventuali residui di sangue; mondate e tagliate a cubetti le verdure (carote, sedano, cipolla) e poi disponeteli nella terrina; aggiungete lo spicchio d’aglio, gli odori (salvia, alloro, rosmarino, maggiorana), la mezza stecca di cannella, le bacche di coriandolo, le bacche di ginepro e il chiodo di garofano; bagnate il tutto con ¾ abbonanti della bottiglia di Barolo; coprite infine con la pellicola per alimenti e lasciate marinare in luogo fresco per 10 ore.

Togliete la carne dalla marinatura e asciugatela delicatamente aiutandovi con della carta assorbente.
In una casseruola fate fondere il burro insieme all’olio e aggiungete poi la carne, facendola rosolare per bene. Nel frattempo, scolate dal vino le verdure e gli odori (il vino, ovviamente, va conservato).
Quando la carne sarà ben rosolata, ossia quando si sarà formata la crosticina tipica degli arrosti (dovrebbero volerci circa 5 minuti per lato), salate, pepate ed aggiungete le verdure e gli odori.
Quando le verdure saranno appassite (senza imbiondire aglio e cipolla) aggiungete i pelati e tutto il vino usato per far marinare la carne. Continuate la cottura a casseruola coperta per 4 ore.

Lasciate raffreddare il brasato nel sugo, quindi togliete la carne e affettatela a temperatura ambiente, disponendo le fette su un piatto da portata; passate tutto il sugo (aromi compresi) al passaverdura e poi riportatelo solo per un attimo a bollore. Versatelo infine sulla carne.
A scanso di sembrarvi ripetitiva, anche questa volta mi preme raccomandarvi di usare solo prodotti genuini e freschi, perché la qualità degli ingredienti influisce totalmente o quasi sul risultato finale che vorremo ottenere. Ad esempio, per questa ricetta che deve il suo sapore intenso e corposo al Barolo, io ho utilizzato il BAROLO PAJANA DOCG dell’Azienda Agricola Seghesio Renzo, poiché lo conoscevo già e sapevo di potermi fidare dell’ottima qualità di tale prodotto.
Detto ciò, vi auguro un buon pranzo, una buonissima giornata e…Non vedo l’ora di consigliarvi un’altra prelibatezza piemontese, quindi continuate a seguirmi e a consigliarmi con i vostri spunti: il mio ricettario continuerà ad esservene grato!
A presto, la vostra mamma Italia.