mercoledì 30 luglio 2014

Pan dolce alla genovese

Buongiorno a tutti i miei amici in padella, siete pronti per la terza ricetta ligure?
Come di consueto oggi prepareremo insieme a mamma Eliana (che non finirò mai di ringraziare per la pazienza che ha avuto con me in questi giorni e per avermi fatto scoprire e ri-scoprire ricette, tradizioni e luoghi stupendi) un dolce, per completare il mio ricettario dedicato alla Liguria.
Siete già in preda alla fame? Allora vediamo subito come preparare il Pan Dolce alla genovese.




Ingredienti
500 gr di farina setacciata (noi abbiamo usato la Farina PASTAFRESCA delMulino Marino)
25 gr di lievito di birra
150 gr di zucchero
1 cucchiaino raso di sale
100 gr di burro morbido
30 gr di uvette
25 gr di arancia candita
30 gr di pinoli
1 cucchiaino di semi di finocchio
1 rametto di alloro



Preparazione
Per prima cosa dobbiamo preparare la pasta: cominciamo diluendo il lievito in un contenitore con acqua tiepida e un cucchiaino di zucchero, mescoliamo con la farina (50 gr) e facciamo fermentare il tutto per una mezz’oretta, coprendo il contenitore.
Prendiamo il resto della farina aggiungendo il sale e distribuendola sul nostro piano di lavoro nella classica disposizione a fontana, mettendo al centro lo zucchero avanzato, il burro a tocchetti e il lievito, impastando tutto con un po’ di acqua (tiepida mi raccomando!) finché non avremo raggiunto la consistenza giusta. Aggiungiamo quindi l’uvetta (che dobbiamo preventivamente bagnare e strizzare), l’arancia candidata sminuzzata e infine pinoli e semi di finocchio. Ora siamo pronte a mettere l’impasto in una terrina imburrata, che copriamo per lasciar lievitare dalle 2 alle 3 ore.
Anche in questo caso dobbiamo attendere che il volume del nostro impasto raddoppi, prima di spostarlo sul piano di lavoro e dare una forma pressoché rotonda al tutto, per poi posarla su una teglia o pirofila rivestita di carta da forno. Copriamo con un panno da cucina e lasciamo proseguire la lievitazione per un altro paio d’ore, dopodiché pratichiamo un taglio a croce in superficie e mettiamo in cottura nel forno caldo (190°, per circa un’ora), meglio se ventilato.
A cottura ultimata tiriamo fuori il pan dolce e lasciamo raffreddare. A questo punto mamma Eliana ha infilato un rametto d’alloro in cima e mi ha spiegato che la tradizione vuole che la ricetta venga completata a questa maniera, dato che in passato questo piatto veniva servito a tavola e il più giovane dei commensali doveva estrarre il rametto e passarlo al più anziano, come segno di rispetto e di successione della famiglia…come vedete ogni ricetta tipica che si rispetti ha dietro una storia che ci ricorda quali sono le nostre radici e quali i valori della nostra cultura. Dovremmo cucinare più spesso ricette tradizionali come questa per ricordare ai giovani questi valori!
La vostra mamma Italia per ora vi saluta con la sua fetta di pandolce…


A presto!

martedì 29 luglio 2014

Focaccia genovese

Ciao a tutti!
Anche oggi sono in Liguria con la mia mamma in padella Eliana, che oltre a rimpinguare il mio ricettario è sempre pronta a mostrarmi le bellezze di questa terra. E devo dire che i posti che meritano di essere visitati sono davvero molti, nelle riviera di Levante, in quella di Ponente e nell’entroterra. Le Cinque Terre, il Tigullio, la Riviera dei Fiori, sono luoghi davvero splendidi.
E oltre ad essere bellissimi sono ricchi di tradizioni culinarie, che la vostra Mamma Italia è pronta a raccontarvi! La ricetta di oggi è una specialità tipica della cucina ligure, in particolare genovese: la focaccia genovese, in dialetto “a fügassa”, una prelibatezza la cui preparazione è davvero parte della tradizione di questi luoghi.
La focaccia perfetta deve essere alta circa due centimetri, e deve allo stesso tempo risultare morbida e croccante: se volete potete bagnarla leggermente con del vino bianco prima di infornare.
Siete pronte per questa nuova ricetta delle mamme in padella?


Ingredienti
Sale 15 gr
Lievito di birra 25 gr
Farina manitoba (o farina ricca di glutine) 600 gr
Acqua 400 ml
Zucchero 2 cucchiaini o 1 di malto
Olio extra vergine di oliva 140 ml
Sale grosso


Preparazione
Prima di tutto bisogna sciogliere il sale in acqua tiepida e versare l’acqua nella planetaria (macchina impastatrice) o in una scodella/ciotola abbastanza capiente, nel caso in cui l’impasto avvenga a mano. Aggiungiamo il malto (o lo zucchero), 40 ml di olio di oliva, circa metà della farina (quindi 300 gr) e mescoliamo per raggiungere una pastella omogenea e abbastanza liquida, come raccomanda mamma Eliana.
Ora è il momento di aggiungere il lievito di birra frantumato, per continuare ad impastare per qualche altro minuto, prima di aggiungere il resto della farina, con cui ottenere un prodotto omogeneo. Mi raccomando, per la buona riuscita le vostre mani devono appiccicarsi!
Versiamo dunque 50 ml di olio extravergine di oliva direttamente sulla teglia dove cuocerà la fugassa e infariniamo leggermente un piano di lavoro dove andiamo a posare l’impasto, lavorandolo ancora per un po’. Riponiamo dunque l’impasto sulla teglia e con l’aiuto di un pennello da cucina lo spennelliamo a dovere, lasciandolo poi lievitare per un po’ (idealmente tra un’ora e un’ora e mezza, a una temperatura massima di 30°). Quando sarà pressoché raddoppiato, stendiamo il tutto sulla teglia (mamma Eliana consiglia sempre di controllare che non manchi l’olio!), spennelliamo nuovamente, cospargiamo di sale grosso e lasciamo lievitare ancora una trentina di minuti (sempre a 30°!). Ora è il momento di dare un’impronta personale, l’impronta vera e propria delle nostre dita che dovranno dare all’impasto la forma dei buchi che si formeranno a cottura ultimata e senza i quali la nostra non sarà mai una vera focaccia genovese!
Se non abbiamo barato dovremmo avere ancora 50 ml d’olio, con cui bagneremo l’impasto prima dell’ultima mezz’ora di lievitazione, trascorsa la quale inforneremo nel forno che avremo avuto cura di riscaldare a 200°. Attenzione, prima di infornare è necessario bagnare la superficie dell’impasto con acqua a temperatura ambiente! Dopo 15 minuti è il momento di estrarre la fugassa, farla intiepidire, tagliare e…mangiare!
Come al solito non dimentico che tra di voi ci sono anche le mamme in padella più pigre, o semplicemente a corto di tempo! Il mio consiglio in questo caso cade sui tocchetti di focaccia della Forneria Drago: mamma Eliana approva ed già pronta per la nuova ricetta di domani!

Buon appetito da Mamma Italia!



lunedì 28 luglio 2014

Trofie al pesto

Dopo una settimana nella splendida Puglia, la vostra Mamma Italia prosegue il suo viaggio nelle regioni italiane alla riscoperta delle migliori ricette tradizionali! Oggi sono arrivata in Liguria, altra terra dalle mille risorse, dove ad attendermi c’è mamma Eliana, la mamma in padella di questa settimana, pronta per arricchire il mio ricettario con altri piatti tipici della tradizione.

La cucina ligure ci offre molte alternative, ma la scelta per la prima ricetta di questa regione non poteva che cadere sulle trofie al pesto, sicuramente la più famosa di tutta la Liguria!
La preparazione del pesto è un’operazione relativamente semplice e veloce e alla portata di tutti, quello che lo contraddistingue però è l’utilizzo degli ingredienti giusti e, soprattutto, di qualità.

Da perfetta mamma in padella Eliana si è dimostrata un’ottima maestra: vediamo ora la preparazione del suo piatto, prima che la fame prenda il sopravvento!



Ingredienti
1/2 kg di farina di grano duro (oppure 350 g di farina normale con 200 g di semolino fine)
2 patate
200 gr di fagiolini
1 bel mazzo di basilico
2 cucchiai di pinoli
1 spicchio d'aglio
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
2 cucchiai di pecorino grattugiato
6 cucchiai d'olio extra vergine d'oliva
sale grosso

Ricetta
Versate sulla spianatoia la farina, aggiungete l'acqua e lavorate fino a ottenere un impasto omogeneo, quindi preparate una sorta di palla e lasciatela riposare per mezz'ora a temperatura ambiente.  
Staccate dalla pasta dei pezzetti grandi poco più di una nocciola e rotolate con il palmo della mano o con le dita le palline di pasta sulla spianatoia, schiacciandole un po', in modo da conferire la tipica forma allungata, più sottile alle estremità e più grossa al centro.  
Ora preparate il pesto: mettete nel pestello il basilico con un pizzico di sale e schiacciatelo bene, aggiungendo i pinoli e l'aglio e lavorando ancora per ridurre gli ingredienti in poltiglia; poi aggiungete il parmigiano, il pecorino e l'olio versato a filo.
Ora tagliate a dadini le patate e a pezzetti i fagiolini, poi gettate entrambi in abbondante acqua salata e fate bollire. Raggiunta l’ebollizione aggiungete le trofie (sì, nella stessa pentola!) e portate a cottura. Scolate e condite con il pesto, diluito con un paio di cucchiai di acqua di cottura delle trofie.
Care mamme in padella, come al solito qualche consiglio finale per chi non ha molto tempo ma non vuole rinunciare alla qualità. Potete usare le trofie del Pastificio Santa Rita, un’azienda ligure che produce pasta seguendo la tradizione, e il pesto La Favorita: il risultato è garantito!
Mi raccomando, non mancate il nostro appuntamento di domani per una nuova ricetta tipica della nostra fantastica terra!
La vostra Mamma Italia

venerdì 25 luglio 2014

L'aperitivo di Mamma Italia @Puglia

Buonasera amiche e amici in padella!
Quest’avventura pugliese sta ormai volgendo al termine, con mio grande dispiacere, perché con Rosa, Lucrezia e Giulia sono stata davvero bene, tuttavia sono al contempo entusiasta ed in fibrillazione per la nuova tappa che mi appresto a visitare (e che non vi svelerò subito perché voglio sia una sorpresa).
Anche questa volta ho ben pensato di sfruttare il tempo a mia disposizione per visitare queste splendide terre, così calde e calorose. Oggi, ad esempio, sono stata ad Alberobello, al centro della Valle d’Itria e della Terra dei Trulli (sapevate che son diventati patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1996?!).
La loro storia si lega ad un regio editto del XV sec. in base al quale ogni nuovo centro urbano era tenuto al pagamento di un tributo. Per evadere ciò, i conti di Conversano (i proprietari delle terre su cui sorge Alberobello) ordinarono ai propri contadini di edificare a secco, così da poter spacciare le nuove abitazioni come costruzioni precarie, facili da demolire, ragion per cui queste vennero tutte realizzate nella forma che possiamo ammirare tutti ancora oggi, ovvero rotonda con tetto a cupola autoportante, semplice ma solida al contempo (perché fatta di pietre resistenti).
Passeggiando tra i vari trulli ne ho potuto ammirare le fattezze e la particolarità, grazie ai pinnacoli decorativi tutti diversi, raffiguranti elementi mistici, simbolici o religiosi (spesso anche segni dello Zodiaco). Simbolo e pinnacolo, dipinti insieme, costituivano il numero civico identificativo di un’abitazione (ciò dovuto al fatto che per molto tempo il territorio di Alberobello non fu riconosciuto ufficialmente).
Rosa mi spiegava inoltre che In base alla qualità della fattura del pinnacolo si era in grado di identificare non solo la destrezza dell’artigiano costruttore, ma anche il valore della costruzione. Una maggiore spesa nella costruzione del trullo permetteva di individuare pertanto, le famiglie più abbienti da quelle meno facoltose. Insomma. Io vi consiglio vivamente di girare un po’ quando vi troverete da queste parti.
Se doveste fare un salto in Puglia nel periodo di Agosto vi consiglio di non perdere un paio di eventi, di cui tre in particolare: “Le notti del Solleone”, festival che si svolge nel Salento e che quest’anno conta due date a fine agosto, con il quale potrete scatenarvi con della buona musica molto giovanile e tanti eventi; “La notte della Taranta”, anch’essa in Salento, dedicata alla riscoperta e alla valorizzazione della musica tradizionale di questo luogo e alla sua fusione con altri linguaggi musicali, dalla world music al rock, dal jazz alla musica sinfonica; ed infine il festival internazionale “Castel dei Mondi”, interamente dedicato al teatro, con spettacoli di ogni tipo in contemporanea tra la dimora federiciana di Castel del Monte e vari monumenti e piazze del centro storico della città di Andria.
Per non parlare degli splendidi litorali (Polignano, Torre Sant'Andrea, Santa Cesarea Terme, la costa di Vieste, ecc), della basilica di San Nicola a Bari, Il Castello aragonese di Taranto, le Grotte di Castellana, e tante altre meraviglie. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, non trovate?!
Io avrei visitato tutto molto volentieri, ma come avrete già capito, tra poco dovrò lasciare la bella e accogliente Puglia, il mio ricettario è sempre scalpitante e non può aspettare a lungo, poiché necessità di essere riempito con sempre nuove ricette tradizionali di tutta Italia.
Questa sera sto dedicando un po’ di tempo alle mie amiche in padella, dato che la partenza incombe; ci sono ancora tante risate e tante chiacchiere da fare insieme. Soprattutto Lucrezia ha insistito affinché si facesse “aperitivo casalingo” nel più tipico dei modi: Taralli e vino!
Ed io non mi son certo tirata indietro…Anche perché non vedevo l’ora di poter inserire nel ricettario anche delle chicche su qualche buon vino da mettere in tavola durante la degustazione delle nostre ricette!
E difatti così è stato! Mi han fatto conoscere due vini ottimi, che non potevo non consigliare anche a voi:
  1. il Negroamaro Salento “F”, Feudi San Marzano, un vino da meditazione, che si sposa alla perfezione con piatti robusti, carni e selvaggina, formaggi.

  1. ed il Primiter Salento, Calò, dal colore rosso rubino ed i cui profumi evocano lamponi e mirtilli, dal persistente gusto intenso e perfetto (anche questo) in abbinamento a piatti strutturati, carni e formaggi stagionati.

Sono sicura che li troverete ottimi anche voi! Ora però devo lasciarvi, ho ancora qualche brindisi da fare con le mie amiche. Prima di lasciare la Puglia però ho ancora intenzione di girare un po’ quindi…Fatemi compagnia e tenetevi pronti: ricomincia il conto alla rovescia! Prossima tappa…
A presto, la vostra mamma Italia.





mercoledì 23 luglio 2014

Cartellate

Mie care mamme in padella, come procede la degustazione dei piatti pugliesi che vi ho presentato finora? Spero bene, perché quello che voglio farvi conoscere oggi è buonissimo e non smetterete più di addentarne. Eh già, perché oggi mi trovo dalla mia carissima amica Rosa che mi ha parlato un po’ delle tradizioni di questa splendida regione e delle leccornie che ospita la sua cucina tipica.
Rosa mi diceva appunto che la ricetta che vi andrò a proporre, pur essendo un piatto cucinato generalmente nel periodo natalizio, si presta perfettamente a qualsiasi stagione ed il motivo è presto detto: si tratta delle dolcissime e buonissime “Cartellate”, in dialetto “Carteddàte”, e noi sappiamo bene che ogni occasione è buona per preparare un dolce, giusto?! Io soprattutto son così golosa che ne ho preparato per l’appunto un bel quantitativo così da poterne spizzicare un po’ durante le mie lunghe passeggiate in queste splendide città!
Inoltre una caratteristica di questo dolce è la sua estrema versatilità. Si presta infatti a esser riprodotto in più varianti le cui due principali sono: al miele o al vin cotto.
Vista la stagione estiva, ho ben pensato di proporvi la prima (lo ammetto…Sono anche desiderosa di farvi sporcare e impiastricciare ben benino le mani con del dolcissimo miele, ingrediente che io adoro oltre che per la sua bontà, per le sue proprietà benefiche). Inoltre questa variante si presta meglio anche alla degustazione da parte dei più piccini (non trovo giusto privarli di tanta dolcezza, no?).
Il loro nome deriva dal greco “Kartallos che vuol dire “cesto o paniere a forma puntuta”, infatti queste prelibatezze di pasta sfoglia dentellata e arrotolata hanno la forma di una corona. Rosa mi spiegava che la forma delle cartellate è tradizionalmente associata alla corona di spine che Gesù portava in croce (c’è anche chi la associa ai panni in cui venne avvolto alla sua nascita), infatti è per questo che solitamente vengono preparate in occasione delle festività natalizie.
Ma passiamo a vedere cosa dovrete procurarvi per preparare questa delizia.

Ingredienti
1 kg di farina 00
2 cucchiai di zucchero
2 uova intere
200 ml di olio extravergine di oliva
Succo di un’arancia filtrato
Mezzo bicchiere di vino bianco
Un po’ di cannella
1 cucchiaino e mezzo di sale
Miele Mille Fiori, Antigiano (o vincotto, preferibilmente di fichi o di uva, se scegliete l’altra variante)

Ricetta: le fasi
Per prima cosa riscaldate il vino bianco e sciogliete al suo interno il sale.
Su di una spianatoia setacciate con cura la farina, disponetela nella classica forma a fontana e nel centro mettete zucchero, un pizzico di cannella e le uova. Potete cominciare a sbattere le uova aiutandovi con una forchetta ma poi dovrete continuare ad impastare il tutto con le mani (vi avevo avvisati che vi avrei fatto di nuovo sporcare!). Senza smettere di impastare dovete aggiungere un po’ alla volta, nell’ordine: l’olio extravergine, un po’ di vino bianco, il succo di arancia filtrato, ed infine il restante vino bianco.
Il panetto che ne verrà fuori dovrà essere abbastanza morbido (attenzione, ho detto morbido, non molle, intesi?), compatto e omogeneo. Appena pronto dovrete coprirlo con un canovaccio pulito, così da non farlo seccare mentre procediamo con le varie fasi.
Adesso dovrete prendere la vostra bella macchina per la pasta, dove dovrete far passare un pezzetto di impasto per volta, ripetendo l’operazione il numero di volte sufficienti affinché la sfoglia sia sottile ma non eccessivamente. Fatto ciò, potrete adagiare la sfoglia sulla spianatoia e con l’aiuto di una rotella tagliapasta dentellata dovrete spuntare le estremità in modo da ottenere un rettangolo di larghezza non superiore a 2-3 cm (avendo cura di eliminare eventuali imperfezioni dai bordi, qualora ce ne fossero).
Ora dovrete stare attenti perché è arrivato il momento di dare “forma” alle nostre cartellate: partendo da un’estremità, ripiegate in due la striscia e pizzicatela ad intervalli regolari fino a quando non arrivate all’estremità opposta, stringendo verso l’interno ad ogni pizzico dato alle due estremità della cavità, così che queste restino sempre ben aperte. A questo punto, partendo da una delle due estremità, arrotolate su se stessa la striscia cercando di sigillare in alcuni punti strategici la pasta durante l’arrotolamento (a vostra discrezione) soprattutto nella parte iniziale e finale.
Appena avrete finito, potrete friggerle in olio bollente, disponendole prima verso l’alto e poi verso il basso, così che la doratura sia uniforme. Aiutatevi con un mestolo forato per toglierle dall’olio e riporle su un po’ di carta assorbente da cucina (per eliminare l’olio in eccesso).
Quando tutte le cartellate saranno state fritte, potrete mettere il miele con un po’ d’acqua in una casseruola sul fuoco per farlo riscaldare e, appena giunto a bollore, versarlo sopra e sotto le cartellate direttamente nel contenitore dove vorrete conservarle (e servirle). Potete dare un tocco di colore in più utilizzando delle codette da spolverare sopra, o un pizzico di cannella, o ancora mandorle e frutta secca tritata, e così via. Come vi ho già detto prima, questo dolce si presta a mille varianti e ci permette di scatenare la fantasia.
L’unica differenza, qualora vogliate fare la versione con il vin cotto, sarà utilizzare questo anziché il miele e non decorare alla fine di tutto il procedimento.

Rosa mi ha dato un piccolo consiglio durante la preparazione, che io ovviamente svelo anche a voi: se desiderate ottenere delle cartellate più friabili e croccanti, fatele riposare a temperatura ambiente per circa 12/24 ore prima di friggerle.
Sappiate che una volta pronte, si conservano molto bene per svariati giorni (ancor di più se usate un buon contenitore di tipo ermetico); tuttavia Rosa mi spiegava che se si conservano fritte senza passarle nel miele, oltre a durare più tempo mantengono anche maggiore friabilità.
Anche questa volta non posso non ricordarvi che la qualità dei prodotti è fondamentale affinché il gusto e la fattura del nostro piatto venga bene. Io, non a caso, per le cartellate (come per ogni ricetta che lo richiede) utilizzo il Miele Mille Fiori Antignano proprio per la sua rinomata qualità e per l’ottimo sapore. Anche questa volta abbiamo finito e una nuova dolcissima, coloratissima e buonissima ricetta è entrata a far parte del mio ricettario!
Ora non mi resta che augurarvi “buon appetito” e ricordarvi che… Il mio viaggio in Puglia non è ancora terminato.

A presto, la vostra mamma Italia.

martedì 22 luglio 2014

Patate riso e cozze

Bentrovate amiche in padella! Avete già cominciato a respirare i profumi e gustare i sapori della Puglia? Io si…E ovviamente ne sto approfittando per visitare in lungo e in largo tutte le meraviglie di questa terra.
Oggi sono andata a trovare la mia amica nonché mamma in padella Giulia. Dopo un’intensa giornata e tante risate e chiacchiere, mi ha letteralmente conquistata con un piatto tanto tradizionale quanto saporito: il famoso patate, riso e cozze!
Molti lo considerano un piatto unico, visti gli ingredienti, ma può esser servito anche come secondo piatto, dosando sapientemente le porzioni.
Giulia mi spiegava che questa prelibatezza dalle antiche origini deve il suo nome alla similitudine che lo lega all’altrettanto famosa paella spagnola sia per gli ingredienti simili, sia per l’origine del nome. Infatti molti conoscono tale piatto con il nome di “tiella”, derivante dal dialetto barese “tieèd” che, per l’appunto, significa “tegame”; non a caso, tutto il cibo da preparare deve essere sapientemente sistemato in un ampio tegame, generalmente di terracotta, alto e di forma circolare.
Siete già curiose, non è vero? Posso assicurarvi che sebbene richieda un tempo di preparazione medio/lungo, vale proprio la pena di esser cucinato e gustato.

Ingredienti:
1 kg di cozze
400 gr di riso Carnaroli
6 patate di media grandezza
600 gr di pomodorini maturi
150 gr di pecorino grattugiato
100 gr di pan grattato
1 cipolla
Prezzemolo
1 spicchio d’aglio
Sale q.b.
Pepe
Olio extravergine di oliva

Ricetta: le fasi
Per prima cosa lavate molto bene il guscio delle cozze (potete aiutarvi con la lana d’acciaio e un coltellino) per privarle del filetto che esce, e metterle a bagno in acqua mentre si procede con le altre fasi della ricetta.
Pelate e tagliate le patate a fette circolari non troppo sottili, mi raccomando (circa 5 mm di spessore). Tritate e unite sia il prezzemolo che l’aglio. Lavate il riso Carnaroli e lasciatelo a bagno in acqua fresca per qualche minuto, così da eliminare l’amido e farlo ammorbidire.
Aiutandovi con un coltellino, aprite le cozze lasciando il frutto in una parte del guscio ed eliminando l’altra metà. Affettate la cipolla (attenzione agli occhi) e disponetela sul fondo della teglia insieme ad un filo di olio extravergine.
A questo punto potrete disporre le patate sul fondo della teglia, spolverarle con il trito già preparato di prezzemolo e aglio, ed aggiungere un po’ di sale e di pepe.
Ora disponete le cozze avendo cura di rivolgere il guscio verso l’alto.
Adesso potete fare il primo strato col riso, facendo attenzione a riempire i gusci delle cozze, ma senza esagerare, facendolo andare anche negli spazi tra le cozze.
Prendete i pomodorini, privateli dei semi e schiacciateli. Dopo di ciò aggiungetene 5 o 6 sul riso e spolverate il tutto con un abbondante manciata di pecorino e di pan grattato.
Ecco così realizzato il primo strato della nostra tiella!
Adesso non vi resta che replicare le fasi descritte fin’ora, fino a che non avrete riempito completamente in profondità il tegame.
L’ultimo strato che andrà a chiusura sarà di patate, quindi insapori tele con prezzemolo, pecorino, sale e pepe, un filo d’olio e i pomodorini.
Aggiungete dell’acqua fino a raggiungere l’ultimo strato di riso, avendo cura di lasciar libero lo strato finale di patate che completa la teglia.
A questo punto potrete finalmente mettere il tutto in forno, preriscaldato a 180 gradi, per circa 45 minuti.
Fate in modo che la cottura proceda a due fasi, una prima fase di venti minuti con il tegame ricoperto di carta stagnola, così da facilitare la cottura del riso, ed una seconda fase di cottura a tegame scoperto per permettere la doratura dello strato superiore e far sì che le patate diventino croccanti.
La cottura sarà da considerarsi ultimata quando l’acqua si sarà asciugata e riso e patate saranno ben cotti.
Giulia mi spiegava che è un piatto che va servito a temperatura ambiente, quindi appena lo avrete sfornato, fatelo raffreddare per almeno un quarto d’ora.

La tiella è veramente una delizia che affonda le sue radici nell’antichità, infatti si narra sia stata introdotta nella cucina pugliese durante la dominazione spagnola del 1600, ragione per la quale oltre ad essere conosciuta e diffusa, si è arricchita nel tempo con più varianti (l’unico consiglio che vi do è di utilizzare ingredienti semplici, freschi e di buona qualità), che ovviamente non vedo l’ora di conoscere e provare, quindi ditemi la vostra e sbizzarritevi a cucinare questa leccornia colorata e profumata.
Anche questo piatto mi ha permesso di impreziosire il mio fortunato ricettario. Ovviamente ci sono tante altre ricette e chicche da scoprire di questa meravigliosa terra…Quindi non mi resta che augurarvi buon appetito e di restare in contatto per nuove esaltanti e deliziose avventure in padella.



La vostra mamma Italia.

lunedì 21 luglio 2014

Orecchiette alle cime di rapa

Bentornate amiche e amici in padella.
Come promesso sono tornata per deliziarvi con nuove prelibatezze del nostro stivale.
Vi stavate chiedendo dove fossi finita? Ebbene…Sono appena arrivata nella splendida Puglia!
Una terra ricca di tradizioni e incantevoli scorci, tanto da vantare il maggiore sviluppo costiero tra tutte le regioni d’Italia, con tratti rocciosi che si alternano a lunghi sabbiosi litorali gremiti di gente che (un po’ come me) arriva da ogni dove, tutto l’anno. In passato la sua particolare posizione di ponte naturale per l’Oriente la rese di importanza strategica per qualsivoglia tipologia di commercio e ancora oggi la sua peculiarità è proprio quella di essere il confine naturale tra un occidente ed un oriente culturalmente differenti, ma entrambi importanti.
Nonostante la sua omogeneità paesaggistica costituita prevalentemente da pianure e colline, al suo interno questa interessante regione ospita tante realtà differenti, tutte da conoscere e scoprire.
Per non parlare delle sue bellezze architettoniche, della sua gente e del tipico calore del sud che si respira ovunque.
Insomma…Non potevo non portarvici! La sua tradizione culinaria si basa su tre prodotti agricoli principali, ovvero grano, olio e vino, oltre ad esser rinomata per la produzione del pane e di paste alimentari di fattura casalinga con cui si è ritagliata un posto speciale sulle tavole di tutta Italia.
Chi non conosce le orecchiette, i calzoni, le focacce ed i panzerotti pugliesi?
E sono proprio le deliziose orecchiette quelle con cui voglio arricchire il mio ricettario…Grazie all’aiuto di mamma Lucrezia, oggi le prepareremo nella loro ricetta tipica, ovvero con le cime di rapa.
Sono molto semplici e veloci da preparare, ma non per questo meno allettanti da gustare e condividere!
Ma passiamo subito a elencare ciò che ci serve per cucinare questa delizia. Fate sempre molta attenzione ai vostri ingredienti: selezionate solo prodotti di buona qualità, così non avremo spiacevoli sorprese ed i nostri piatti avranno una marcia in più!

Ingredienti:
- orecchiette
- 1 mazzo di cime di rapa fresche
- 1 spicchio di aglio
- 2 spicchi di peperoncino
- 6 filetti di acciughe sotto olio
- olio d’oliva

Ricetta: le fasi
Lucrezia mi spiegava che per questo primo piatto è molto importante che le cime di rapa siano fresche, ben sode e soprattutto non fiorite, quindi fate bene attenzione e selezionatele con cura.
Altro importante dettaglio da non trascurare è la qualità delle nostre orecchiette. Se sapete farle in casa ovviamente il procedimento sarà un po’ più lungo. Se così non fosse, premuratevi di acquistarne una buona marca che le produca, perché tutto dipende dal buon sapore e dalla fattura di questo preziosissimo ingrediente protagonista della nostra ricetta.
Io, ad esempio, uso le Orecchiette di Benedetto Cavalieri, per esser sicura di non sbagliare ed avere un prodotto sicuro e gustoso. Mettete sul fuoco una pentola abbastanza grande (perché dovrà contenere sia la pasta che le cime di rapa), riempitela d’acqua e portate a bollore. Nel frattempo lavate e mondate con cura le rape, selezionando le cime (se vi sono cime un po’ grandi, dividetele con un coltello). Lavate anche le acciughe e deliscatele con cura (potete aiutarvi con le dita…O pensavate che non vi avrei fatto sporcare le mani questa volta?!). Appena l’acqua avrà raggiunto l’ebollizione, tuffateci dentro orecchiette e cime contemporaneamente e salate a vostro gusto e piacere.
Mentre la pasta e le cime si insaporiscono cuocendo insieme, mettete sul fuoco una larga padella dove farete soffriggere l’aglio con un filo d’olio. Quando comincerà a dorarsi per bene, andranno aggiunte le acciughe che dovranno sciogliersi quasi completamente nell’olio bollente aiutandovi con un mestolo di legno ed il peperoncino. Appena le orecchiette avranno raggiunto la giusta cottura, trasferite sia la pasta che la verdura nella padella (aiutatevi con un mestolo bucherellato).
Fate saltare in padella a fiamma vivace per alcuni minuti, così che tutti gli ingredienti ed i sapori si miscelino a puntino. E infine…Servite in tavola!

Lucrezia mi spiegava che pur essendo una ricetta molto semplice, con il passare del tempo più varianti della stessa sono nate e si sono diffuse. Una sua amica, per esempio, usa il peperoncino macinato dolce al posto del piccante, e così via.
Io, come sempre, sono pronta ai vostri consigli e alle chicche che vorrete suggerirmi per scoprire nuovi sapori o arricchire di curiosità e varianti le nostre ricette, quindi, non esitate a farmi sapere se anche voi amate questo piatto e se i suggerimenti di Lucrezia hanno solleticato il vostro palato come hanno fatto col mio.
A presto, la vostra mamma Italia.

venerdì 18 luglio 2014

L'aperitivo di Mamma Italia @Sicilia

Pensavate mi fossi dimenticata di voi?!
Come avrete capito mi sto già organizzando per la prossima avventura enogastronomica con cui potrò arricchire di nuove e buonissime prelibatezze il mio ricettario.
La prossima tappa sarà…..Una sorpresa ovviamente!
Nel frattempo volevo darvi ancora qualche dritta, non da “mangiare”, bensì da “bere”.
Infatti l’incantevole terra siciliana oltre a disporre di un’ampia varietà di piatti e dessert dal sapore unico ed esser conosciuta per le sue città ricche di bellezze naturali e storico-architettoniche note in tutto il mondo, vanta anche una tradizione vinicola non indifferente (vi consiglio di farci un salto se non l’avete ancora fatto, è davvero una terra stupenda che merita di essere scoperta e portata nel cuore).
Quindi colgo l’occasione del mio happy hour in giro con mamma Agata, Lucia e Rosalia, per consigliarvi due ottimi vini, che si prestano ad esser degustati sia durante un aperitivo (come sto già facendo io), sia come ottimo accompagnamento alle ricette che vi ho presentato.

Nella fattispecie, vi consiglio di provare due vini in particolare:
  • SYRAH DOP BIO LA CLARISSA, CANTINE RALLO; un rosso avvolgente e speziato al tempo stesso, dal sapore morbido e corposo, i cui colori accesi rosso rubino e viola ne invogliano ancor di più l’assaggio. Mi raccomando, servitelo alla temp. di circa 16 gradi per esaltarne la qualità. Non resterete delusi da tale vino, questo è certo. Sapevate che la cantina Rallo è stata fondata addirittura nel lontano 1860? Ed oggi viene esportata in tutta Europa grazie ad uno stile che si rinnova nel tempo, e a persone che considerano il vino non solo come alimento ma come piacere e benessere quotidiano.

  • CHARDONNAY, PLANETA;  un vitigno che racchiude l’essenza stessa della sfida, per via del panorama di grande competizione in cui è riuscito a farsi comunque strada e a distinguersi per la sua grande qualità e le sue proprietà organolettiche. Colore oro chiaro e trasparente, questo bianco dal sapore morbido e croccante al contempo, è perfetto per accompagnare tanto il pesce quanto carni affumicate, salumi e formaggi. L’azienda Planeta affonda le sue radici nel passato e vanta una tradizione dedita alla cura e attenzione per i vigneti ma soprattutto per la qualità dei propri vini, di diversa tipologia, grazie alle svariate tenute dislocate in tutto il territorio siciliano.

Siete già andati tutti fuori di “padella” vero? E come biasimarvi…Io ne ho già fatto scorta per quando tornerò a casa, perché del buon vino, sia rosso che bianco, non deve mai mancare nella dispensa di ogni cuoca/o che si rispetti!
Il mio viaggio in Sicilia volge davvero al termine...E un po’ mi dispiace lasciare questa terra, le sue prelibatezze, le mille nuove calorosissime persone incontrate ma soprattutto le mie amiche Agata, Rosalia e Lucia, che ringrazio ancora per i preziosissimi consigli e per avermi fatto assaporare dei piatti tanto tradizionali quanto attuali. Ma mamma Italia non può fermarsi. Il suo ricettario già scalpita e brama nuove golosissime ricette con cui riempire le sue pagine!
Quindi…Bando alla tristezza. Siete pronte ad accompagnarmi nella mia prossima avventura lungo lo stivale?
Adesso devo lasciarvi, le mie amiche mi reclamano per un ultimo brindisi tutte insieme.
Non mi resta che augurare un “Buon Happy Hour” a tutti voi e buon weekend!
Ma tranquilli, tornerò presto, molto presto.
La mia avventura è appena cominciata…


La vostra mamma Italia.

mercoledì 16 luglio 2014

Cassata siciliana

Mie care amiche in padella, purtroppo il mio viaggio nella splendida Sicilia, ricca di colori e sapori intensi, sta ormai volgendo al termine! Ma il mio ricettario ha appena cominciato a riempirsi di prelibatezze che sono sicura già non vedete l'ora di replicare (magari con qualche modifica per dargli un vostro tocco personale, chissà!).
Oggi sono in compagnia di una mia cara amica di vecchia data, Lucia, che vive nell'incantevole e pittoresca isola di Ortigia, quartiere del centro storico di Siracusa, città famosa per le sue bellezze storico-artistiche, dove in ogni angolo si respira aria di mare e si può godere di uno stupendo panorama altamente suggestivo.
Non pensavo che così tante storie e leggende si legassero a questa città e ai viaggi per mare di cui è protagonista...Ed è proprio dal mare che giunge la ricetta di cui voglio parlarvi oggi, ovvero la “Cassata”, il cui nome di origine araba era “Quas'at” (“scodella” in italiano). Questa ricetta appartiene al passato, all’incirca il 998; è arrivata in Sicilia durante la dominazione musulmana grazie alla fantasia dei cuochi di corte di un emiro arabo, e si è mantenuta sempre viva nel corso dei secoli proprio in virtù della sua straordinaria bontà, fino ad essersi guadagnata il titolo di dolce tipico della pasticceria Siciliana, in passato solo nel periodo quaresimale, ad oggi invece è diventata di consumo comune tutti i giorni dell'anno. Ed è per questo motivo che non vedo l'ora di aggiungerla al mio ricettario!
Siete pronte a cucinare e poi divorare una golosissima “scodella” insieme a me?
Forza allora...Diamo inizio a questa dolcissima e coloratissima avventura in padella!




Ingredienti:
1 pan di Spagna di circa 26 cm di diametro (così ce ne sarà in abbondanza per tutti!)

Per il ripieno:
1 kg di ricotta di pecora (e che sia fresca, mi raccomando)
200 g di zucchero a velo
1/2 dl di rum (su quale usare vi lascio carta bianca!)
120 g di canditi tritati (non troppo piccoli, ok?)
120 g di cioccolato fondente tritato

Per la pasta al pistacchio:
60 g di pistacchio tritato finemente (possibilmente di Bronte)
150 g di mandorle tritate finemente
50 g di zucchero a velo
2 cucchiai di rum

Per lo sciroppo al rum:
2 dl di acqua
50 g di zucchero semolato
1/2 dl di rum

Per la decorazione:
450 g di fondant (oppure 200 g di ricotta lavorata con 20 g di zucchero a velo)
2 cucchiai di gelatina d’albicocche
frutta candita a piacere

Avrete sicuramente notato che durante più fasi di lavorazione occorrerà aggiungere del rum. Quindi mi raccomando a seguire scrupolosamente le dosi! Non vorrei che la vostra cassata si trasformasse in un dolce da spremere anziché da mordere! Ma andiamo avanti e vediamo come preparare il tutto...

Ricetta: le fasi
La prima fase, come mi ha spiegato Lucia, è molto importante perché si andrà a creare la struttura del nostro dolce, che richiede una conservazione di circa 12 ore.
1) Immergete nel rum i canditi precedentemente selezionati per circa una mezzora, così che possano macerare nel liquore per bene. Mentre i nostri canditi si insaporiscono va predisposta la struttura che farà da base alla torta, per la quale occorre passare a setaccio la ricotta e, usando un cucchiaio di legno, amalgamare la purea  così ottenuta con lo zucchero, al fine di creare una base omogenea che andrà poi riposta in una terrina. Fatto ciò potremo dedicarci al nostro cioccolato fondente, che va triturato per ottenere tante piccole dolcissime scaglie (mi raccomando a non mangiarne la metà durante la preparazione! So che la tentazione sarà forte, ma dovrete resistere...Le scaglie di cioccolato sono fondamentali per il buon gusto della nostra cassata!).
Adesso potremo aggiungere al composto di ricotta e zucchero, sia i canditi che le scaglie di cioccolato, mescolando per bene. Non ci resta che ricoprire la terrina contenente il nostro  profumato ripieno con della pellicola, e riporla in frigorifero, dove dovrà riposare per diverse ore (meglio se per un intera nottata).

2) Adesso possiamo dedicarci alla preparazione della pasta al pistacchio.
Il procedimento è davvero semplice poiché occorre solamente tritare finemente sia le mandorle che il pistacchio e poi amalgamare entrambi con lo zucchero a velo e il rum.

3) Per la preparazione dello sciroppo, invece, smettetela di mangiucchiare scaglie di cioccolato (perché lo so che lo state ancora facendo) e prestatemi attenzione ok?
Per prima cosa portate a bollore per alcuni minuti dell’acqua zuccherata in un tegamino, quindi lasciate intiepidire e infine aggiungete il rum.

4) Con la bagna appena preparata, bisognerà inumidire delle fettine di pan di spagna, che avremo precedentemente tagliato, con cui andrà foderato fondo e bordo di uno stampo di circa 30 cm di diametro, facendo attenzione a non lasciare spazi tra esse. Ora potremo finalmente versare il nostro golosissimo ripieno e mettere a copertura un disco di pan di spagna, avendo cura di sigillare bene lo stampo con della pellicola, e riporlo in frigorifero dove lo si dovrà far riposare per diverse ore.

5) Non vedevo l'ora...Possiamo dedicarci alla fase più creativa: la decorazione! Prendete lo stampo dal frigorifero e rovesciate la cassata su di un piatto piano. Fate sciogliere la gelatine e poi spennellate a volontà tutta la superficie del dolce, infine, ricoprite il tutto con il fondant diluito a bagnomaria o, in alternativa, con della ricotta lavorata insieme a dello zucchero a velo. Stendete la pasta al pistacchio che abbiamo preparato e con un tagliapasta divertitevi a realizzare delle forme a vostro piacimento (potete anche alternarla nel bordo dello stampo o usarla per la copertura, insomma...Divertitevi!) che andranno applicate sul nostro dolce. Infine, aggiungete i nostri deliziosi canditi per dare un tocco di colore alla nostra prelibata torta.

Conservate in frigo sino al momento in cui dovrete servirla.

E con questo anche il nostro dessert in stile tipicamente siciliano è stato fatto! Voglio darvi ancora qualche consiglio: utilizzate prodotti di qualità per la preparazione della cassata affinché questa possa risaltare in tutto il suo splendore e sapore. Per le scaglie di cioccolato io, ad esempio, uso il cioccolato di Modica, rinomato per il suo sapore e la sua ottima qualità e, a tal proposito, potete provare il Cioccolato di Modica, Casa Don Puglisi, il cui formato vi permetterà sia di preparare il dolce che di sgranocchiarne un po’ nel frattempo.



Il mio viaggio nella calda e accogliente Sicilia è quasi finito, ma ho ancora qualche chicca da svelarvi e lo farò molto presto quindi…Restate in contatto!

La vostra Mamma Italia.